Comune
Fondi (LT)
Località
Via Valle Vigna
Come dimostrato da alcuni resti in opera cementizia, questo luogo fu oggetto di un insediamento romano e di seguito, a partire dal VI secolo d.C., occupato da un complesso funerario caratterizzato da tombe ad inumazione con sepolture multiple, utilizzate almeno fino al X secolo. Al di sopra del sepolcreto venne successivamente impiantata una chiesa a croce latina provvista di una decorazione parietale a intonaco dipinto risalente all’XI secolo.
La più antica testimonianza dell’esistenza di un monastero a Fondi è contenuta negli scritti di Gregorio Magno che attesta la fondazione alla fine del VI secolo d.C. di un complesso con celle abitate da circa duecento monaci, ad opera di Onorato, attuale patrono della città di Fondi.
Le notizie storiche si concentrano nel periodo del medioevo quando il monastero comincia a perdere la propria autonomia e dalla metà dell’XI secolo viene assoggettato alla giurisdizione di Montecassino al quale rimarrà legato fino al 1492; da questo momento in poi l’abbazia e tutte le sue terre passano nelle mani dei monaci della Congregazione benedettina di Monte Oliveto per decisione di Papa Alessandro VI.
Questo periodo corrisponde al momento di massima prosperità del complesso, dovuto alle elargizioni del conte di Fondi Prospero Colonna a cui si deve un importante intervento di restauro tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Al conte Colonna è possibile attribuire anche la costruzione della cosiddetta chiesa superiore, attualmente riaperta al culto e intitolata a San Benedetto.
Tra le strutture databili agli ultimi secoli di vita del complesso è possibile individuare la foresteria, una serie di ambienti per la lavorazione dell’olio e l’antico mulino nel quale è allestito oggi il Museo della Civiltà Contadina. Dopo secoli di decadenza, il monastero viene definitivamente abbandonato nel 1807 a seguito della soppressione degli ordini religiosi da parte di Gioacchino Murat.
Dopo che l’intera area è stata depredata dei suoi tesori, il sito viene acquistato dalla famiglia Nardon verso la fine del XIX secolo che ne conserva le vestigia e lo trasferisce successivamente alla Regione Lazio che ha avviato il recupero e il restauro del monastero di San Magno nel 2000, all’interno del programma di conservazione e gestione del patrimonio storico-religioso del Parco dei Monti Aurunci.